Ago 262013
 
Recensione DX Soul of Chogokin 01: Mazinger Z
Produttore:
Data prod.:
14 Dicembre 2012
Materiali:
ABS, PVC, Die-Cast
Accessori:
tre maschere, tre placche pettorali, tre copricollo, due coppie di piastre pettorali, tre placche ventrali, tre placche bacino, due coppie di copri avambracci, due per le gambe, due per i femori, hover pilder, coppia di mani articolate, coppia di mani con relativa placca dorsale, hangar apribile ed illuminato, camion gru e gru, emettitore suoni e luci, comando remoto per l'emettitore
Altezza:
300 (mm)
Peso:
1072 (g)
Manuale:
libretti a colori con istruzioni di assemblaggio e uso, fumetto prequel.
Fornitore:
www.zonahobby.com
Prezzo orig.:
36750 yen

Quarant’anni… tanti sono passati dal debutto di un certo super robot, il primo, il capostipite, almeno se contiamo quelli con pilota a bordo. Mazinger Z entra negli ‘anta e lo fa in grande stile. Se escludiamo un certo periodo di buio intorno alla fine degli anni 80 ed inizio 90, è un personaggio che ha subito mille rivisitazioni, mille rappresentazioni e che quasi quotidianamente ritroviamo su qualche sito di appassionati con foto o progetti di nuovi prodotti.

Nulla di inspiegabile quindi se Bandai, sempre legata a doppio filo con la Toei, ha pensato bene di omaggiarlo insieme alla propria linea Soul of Chogokin, di cui cade il quindicinale, con una versione denominata DX.

Questo è il primo modello in scala gigante di Bandai, almeno restando nei limiti dei Chogokin. I rumors si sono susseguiti fino alla messa in commercio e se da un lato l’accoglienza è stata calorosa, dall’altro le prime impressioni hanno raffreddato un po’ gli animi.

Andiamo quindi ad analizzare punto per punto la prima e per ora unica, versione Deluxe di un Soul of Chogokin, il Mazinger Z secondo Bandai.

La confezione

La scatola è di dimensioni enormi, quasi problematiche, oserei dire.

Immaginate il più grosso imballo visto fino ad oggi per questo genere di prodotti e poi pensatene ad uno più grande. Ci sarete vicini. Le fredde misure parlano di circa 550x450x440 mm, insomma preparatele il giusto posto perché altrimenti non saprete dove stiparla.

La scatola principale è protetta da un classico brown box con loghi e riferimenti personalizzati.

Presenta una sovra copertina con grafica elegante, magari non molto originale, ma del giusto spessore ed il gioco di colori mette in risalto la grossa Z rossa.

Sul retro troviamo alcune foto, già diffuse on line, rappresentanti particolari del modello, più le caratteristiche principali.

Estratta la sovra copertina, la scatola vera e propria presenta un cartone dallo spessore elevato, molto robusta, una grafica quasi spartana, che ricorda quella delle confezioni Ex-Ghokin  di Fewture, con il nome del robot e la foto monocolore (rosso).

C’è una comoda maniglia sulla parte superiore.

All’interno, troviamo ospitate ben cinque scatole nero lucido, che racchiudono tutte le parti del prodotto, compreso il grosso stand espositivo a forma di hangar.

Le quattro più piccole, si fa per dire, ospitano il manichino principale, le placche della corazza, gli accessori e la parte cartacea, compreso un manga editato appositamente per l’occasione e che narra una sorta di prequel di Mazinger Z.

L’hangar è ospitato nell’ultima scatola che è anche la più grande delle cinque.

Tutti gli oggetti, tranne l’hangar, sono raccolti in blister trasparenti. Quindi, purtroppo, non troveremo il classico sarcofago di polistirolo che sarebbe stato invece apprezzabile in una confezione Deluxe. Fewture in questo caso è di esempio.

C’è da dire che, superata la tediosità dell’effetto scatole cinesi, tutta la confezione è molto ben fatta e restituisce il giusto appagamento (anche in funzione dell’esborso richiesto) quindi nonostante la mancanza del polistirolo, tutto sommato la valutazione è positiva, anche se Bandai sa e dovrebbe far meglio.

Dotazioni ed accessori

Il modello, fin dalla sua presentazione, manifesta una mancanza importante. Alcuni accessori saranno rilasciati con un’uscita apposita, che ovviamente, aggiungerà un ulteriore esborso.

Nella scatola troviamo quindi il corpo principale, l’hangar/stand con un paio di mezzi per la manutenzione, le varie parti dell’armatura esterna, sia divise in due parti sia complete, due tipologie di placche pettorali, tre varianti di testa e collo.

Troviamo anche due coppie di mani di cui una articolato, l’altra con scolpiti sul dorso i meccanismi interni e relativa corazza da applicare.
Due anche le varianti per gli avambracci: normali e con l’aggancio per mostrare le “Drill Missiles” (Punte d’acciaio).

Come detto manca l’accessorio principale, che nel vecchio Gx01 era compreso, ovvero il Jet Scrander. Inoltre mancano anche gli “Iron cutter” ed il Jet Pilder.

Da notare che per una versione Deluxe presentarsi con una dotazione inferiore a quella delle versioni standard non è sicuramente un buon biglietto da visita.

Oltre agli accessori classici, troviamo anche un Gimmik “particolare”, il modello infatti è dotato di luci e suoni tramite una pulsantiera remota a raggi infrarossi che pilota gli effetti emessi dalla centralina, incastonata nel petto.

Il suono esce da una emettitori posto sulla schiena, mentre i led permettono di illuminare occhi e piastre pettorali, anche se non in maniera uniforme.

Anche il grosso hangar è dotato di illuminazione, previo l’inserimento di tre pile AAA.

In totale per attivare tutta la parte elettrica, modello ed hagar, occorrono ben sette pile che ovviamente, non sono incluse.

Globalmente la dotazione, seppur abbastanza completa, non è soddisfacente. Avrei preferito che si per il posizionamento commerciale, sia per l’interesse collezionistico, fossero inclusi tutti gli accessori presenti nel primo S.o.C. e non dover essere costretto a rincorrere un ulteriore uscita, limited, per giunta.

Nota a margine, piuttosto curiosa. A me non interessa e quindi non lo faccio oggetto di valutazione, però non troverete un singolo pezzo sparante in tutto il modello.

Qualità e finitura

Il tema sulla qualità meriterebbe di essere trattato per ultimo perché, secondo me, è il più rilevante.

Se da sempre Bandai ci ha abituati ad una media vicina all’eccellenza per i suoi Chogokin, il metro di giudizio su questo DX doveva essere almeno a pari livello. Dico subito che non è così. Anzi, come affermavo poc’anzi, il tema è talmente delicato che rischia, per molto, di fermare la lettura qui.

Non ci siamo proprio. Il modello presenta una finitura altalenante tipica dei s.o.c. peggiori.

Per quanto riguarda la parte interna, lo scheletro, la realizzazione è decisamente buona.
Ogni parte, ogni dettaglio, è in rilievo e dipinta con precisione, i colori sono abbinati molto bene.
Quello che sposta l’asticella in basso sono i segni di stampo presenti in alcune parti plastiche e delle imprecisioni nella verniciatura della corazza.

Nell’esemplare in mio possesso, ci sono evidenti problemi sulla stesura della vernice, come se fosse data in presenza di polvere, inoltre si notano alcuni schizzi di vernice argento nell’incavo della testa e cosa peggiore un evidente  sbafo di vernice argento sulla schiena, all’altezza della griglia per il suono.

L’accoppiamento di alcune parti non è perfetto, specialmente la testa presenta una fessura molto visibile, cosa che sarebbe stata facile da mascherare, operando sui profili rifinendo le bave di stampa e magari disegnandoli in modo irregolare (come fatto il per Gx52), inoltre, se per quanto riguarda le corazze degli arti e del busto possiamo stare tranquilli sulla tenuta, così non è per le piastre pettorali e per la maschera facciale. Entrambe non offrono una particolare tenuta e basta poco per farle cadere.

La qualità delle plastiche è mediamente buona, con qualche riserva per il dettaglio e l’uniformità esterna dell’hangar e dei mezzi di assistenza, decisamente poco dettagliati, inoltre come detto, ci sono segni delle sprue random.

Questi “difetti” che possono essere accettabili in produzioni più standard, in questo DX stonano parecchio, anche perché poi troviamo particolari di pregio come il piccolo pilder articolato o l’intero disegno dello scheletro, quindi ritengo che si tratti proprio di un problema nel ciclo di produzione o del controllo qualità. Tuttavia al di là di possibili ragioni è un aspetto non accettabile su un prodotto che dovrebbe essere “di lusso”, dalle dimensioni e dal costo di questo modello.

Articolazioni e posabilità

Che un modello di circa trenta centimetri non possa essere articolato come una action figure è comprensibile, ma che presenti le stesse limitazioni della versione standard di quindici anni fa, lo è un po’ meno.
Questo Mazinga è praticamente posabile come lo è un Gx01 o Gx01R. Non presenta nuove soluzioni viste in S.o.C. più moderni, anche là dove potevano essere adottate, in primis sul collo, che ha articolazione ed escursione modesta ed i femori.

Ovviamente non è un modello statico. Partendo dal basso troviamo le soluzioni più belle, con le caviglie articolate, dall’ampia escursione e con il meccanismo idraulico pienamente funzionate.

Le ginocchia, anch’esse funzionali e belle da vedere. I femori, equiparabili al S.o.C. classico e quindi solidi ma abbastanza limitati e senza escursione; arriviamo poi alla vita ed al busto e qui cominciano le critiche, perché con tutto lo spazio che c’era, un minimo di articolazione sul piano frontale e sagittale potevano inserirla, mentre facendo corpo unico con il ventre, ruota soltanto trasversalmente sopra al bacino.

Salendo ancora, le spalle non presentano novità e seguono lo schema classico del singolo punto di articolazione a due assi (sagittale e frontale). Per intenderci non sono state adottate doppie articolazioni come negli SRC o perni ad estrazioni. Gli avambracci permettono di far ruotare l’arto trasversalmente, completando le combinazioni delle pose possibili.

L’articolazione peggiore la troviamo sui gomiti. Qui il livello di frustrazione e l’antiestetica raggiungono livelli da CM’s tanto per essere diretti e precisi.

Il fulcro dell’articolazione è disassato, mentre per tenere in sede il tutto ci si affida ad un pernio inserito a scatto che funge da falso gomito (il tubicino rosso). Beh difficile motivare tanta complicazione, anche se consideriamo la necessaria presenza scenica dello scheletro.

Si poteva optare per un gomito più pieno, così da evitare la bruttissima fessura, ma soprattutto era da evitare il meccanismo di sgancio che ogni tre per due cede e fa ciondolare il braccio.

Davvero una soluzione pessima e complicata, tanto che hanno dovuto inserire delle istruzioni specifiche su come maneggiarla correttamente.

 

Istruzioni_braccio_01

Istruzioni_braccio_02

Istruzioni_braccio_03

Istruzioni_braccio_04

L’articolazione del polso è affidata ad una classica uniball come visto in moltissime soluzioni.

Le mani articolate presenta le prime due falangi di ogni dito, collegate da giunto sferico ad attrito.

Il collo presenta rotazione e traslazione sui tre assi, ma estremamente limitati. Penalizzata, esattamente come nel S.o.C. la posa in volo.

Tutto sommato, fatta eccezione per i gomiti, la posabilità è buona, considerando dimensioni e peso del modello, inoltre gli snodi delle gambe sono molto robusti e tenaci. Sarebbe stato comunque auspicabile che fossero state utilizzate soluzioni più moderne, soprattutto per il collo ed il busto che, senza troppi compromessi estetici, avrebbero potuto essere articolati in modo molto più convincente.

Fedeltà

La domanda classica da porsi non è se questo Dx sia fedele o meno al design originale del robot (solitamente quello a riferimento è il mecha design della serie animata), ma quanto lo sia.

Dico subito che, come per tutti i S.o.C. anche questo DX non è una rappresentazione fedele ma una reinterpretazione del mecha originale. Anzi, col passare del tempo, i vari autori si sono avvicinati più al design proposto da Bandai, perché più funzionale e moderno, revisionandolo sia in serie animate che cartacee, con cui ormai tocca confrontarsi.

Tutto sommato siamo nella media dei prodotti. Non c’è stato lo sforzo di avvicinarsi al design vintage della seria animata (di cui il Daigokin Marmit resta il più attinente) ma pare di vedere un grosso Gx-45 colorato alla vecchia maniera. Particolarmente riuscita è, secondo me, la testa.

Molto bello il corpo privo dell’armatura e accettabilmente simile agli schemi che si vedono nella sigla del cartone. Aggiungiamoci anche gli effetti speciali e le voci ed il quadro di un voto più che sufficiente c’è tutto.

Ci sarà invece da discutere sul Jet Scrander…

Riflessioni e soluzioni tecniche

Quando sono comparse le prime foto del prototipo, ancora non si era capito in cosa consistesse e sembrava una perfect edition del Gx01; quando invece circolarono poi le foto più di dettaglio, dove si capiva sia l’altezza che il fatto che avesse la corazza asportabile beh allora la fame è andata a livelli fuori scala.

Ci sono molte cose belle in questo prodotto. La principale è quella dello scheletro. Certo, poteva essere fatto un po’ meglio, sia con l’utilizzo di metallo al posto della plastica, sia per alcune soluzioni che ne impediscono la completa esposizione senza corazza, però il suo mestiere lo fa e lo fa bene e questo già vale in parte la spesa da sostenere; aggiungiamoci anche che la corazza sia in versione intera che spezzata è molto solida e quindi non crea fastidiose cadute (fatto salvo per i dettagli riportati poco sopra), non intralcia nella posa e da il meglio di se nella versione spezzata a metà.

Particolare non da poco, il modello è esteticamente bello e riuscito nel complesso.

Dicevamo delle cose che non vanno. Beh sicuramente la decisione di ospitare la centralina dell’elettronica nel petto ha portato a non avere una struttura unica e portante, così che se fino al bacino tutto il corpo potrebbe benissimo auto sorreggersi, le spalle e la testa necessitano di essere avvitate alla corazza posteriore.

Altra soluzione che a me non ha convinto è il gomito. Troppo complicato, ma sopratutto brutto e poco stabile, quasi frustrante, anche se non al livello dei magli del Jeeg Cm’s.

Sempre per la serie, scelte poco comprensibili: il missile centrale è fisso, visibile, ma non si estrae o spara e non vi è una corazza specifica per simularne lo sparo (personalmente ho optato per usare le due parti del ventre separate). Il collo è troppo statico, non permette assolutamente un posizionamento in volo.

Parlando dell’elettronica, non posso non criticare la scarsa uniformità ed intensità degli effetti luminosi. In particolare le placche rosse non sono uniformi dato che il led non è posizionato direttamente dietro, peccato perché oggi giorno con un po’ di fibra ottica si fanno miracoli.

Stesso problema per gli occhi che, oltre tutto, da spenti rendono poco incisivo il volto. Di questo Bandai se ne deve essere resa conto, perché in alcune foto pubblicitarie lì ha colorati.

Nulla da dire invece sugli effetti sonori e le combinazioni sul comando remoto sono numerose. Infatti, oltre alle frasi tipiche della serie animata ed agli effetti (compresa il rumore della camminata) si possono riprodurre anche le marcette di accompagnamento. Insomma quelle piccole cavolate che mandano in solluchero i maniaci del genere.

Segnalo che, almeno nel mio esemplare, la ricevente, passato un po’ di tempo, entra in stand by e tocca disattivarla e riattivarla per poter tornare a funzionare. Cosa che non è il massimo della praticità, visto che tocca smontare la corazza.

Scomodissimi, davvero scomodissimi i fermi a vite di tutti gli sportelli per i vano batterie.

Un po’ scarsi di dettagli i mezzi di assistenza e lo stand per quanto, grande ed imponente, in particolare la parte esterna.

Sul merito delle dimensioni. Non so dire se poi la scelta di fare trenta centimetri di robot, abbia pagato.

Personalmente sono un po’ in difficoltà nell’esporlo perché è una misura che non si adatta facilmente alle uscite precedenti, sicuramente l’enorme scatola non sarà facile da stipare, come non lo è l’hangar che pretende una certa “attenzione” in vetrina, attenzione che non tutti sono disposti a dare o hanno.

Conclusioni e Pagella

Dunque al termine della recensione, quali conclusioni possiamo trarre? Intanto che il modello non vale il costo che è richiesto e che le prime impressioni apparse in giro per la rete, dopo il rilascio, posso confermarle a ben vedere.

In sostanza la sola attrattiva dello scheletro interno, non riesce a controbilanciare i difetti di finitura e qualche scelta poco pratica.

Sicuramente è bello ed è un pezzo che da solo può fare collezione se esposto con l’hangar, ma altrettanto sicuramente, in una vetrina affollata trova faticosamente posto e se la serie DX finisse con lui rischierebbe di fare la fine della pecora nera.

E’ un acquisto da ponderare parecchio, soprattutto se si hanno già Mazinger Z in collezione e non si è troppo interessati ai gimmick offerti, in particolare gli effetti sonori e da evitare se non interessa nemmeno la visione delle parti interne. A quel punto meglio un bel Gx01r+, mentre se si è alla ricerca del pezzo unico o gli si può dedicare un posto ad hoc solo per lui, trovando l’offerta giusta è sicuramente un bel vedere.

LA NOSTRA PAGELLA
: ★★★★½
: ★★★☆☆
: ★★☆☆☆
: ★★½☆☆
: ★★★☆☆
Media: ★★★☆☆
PRO
  • estetica riuscita
  • la rappresentazione delle parti interne
  • gli effetti luci & suoni
  • l’idea generale
CONTRO
  • la modesta posabilità di alcune parti
  • poco metallo in rapporto alle dimensioni
  • finiture e controllo qualità da rivedere
  • le dimensioni della scatola e dell’hangar (che non ospita tutti i pezzi)
  • tasti di accensione e vani batterie scomodi
  • costo

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