Nov 032006
 
Recensione Ex Gokin EXG-01: Getter 1
Produttore:
Fewture
Data prod.:
2006
Materiali:
ABS, PVC, Die-Cast
Accessori:
Getter Eagle, Booster Liquid Cylinder (Large) (Small), Getter Core, Reactor Coil, armatura asportabile, Base Stand con sostegno in alluminio
Altezza:
240 (mm)
Peso:
890 (g)
Manuale:
foglio A3 con le istruzioni e gli avvisi per le parti più delicate, foglio A3 con le informazioni delle prossime uscite
Fornitore:
www.zonahobby.com
Prezzo orig.:
25800 Yen

Quando poco più di un anno fa, cominciarono a girare le prime foto dei prototipo della Fewture su una famigerata serie dal design rivisitato del Getter robot, in molti, compreso il sottoscritto, pensarono ad un naturale proseguo della famiglia 1901 e quindi automaticamente ai materiali ed ai problemi ad essi correlati, tipici del Mazinger e CO.

Col passare del tempo, sempre più voci intonavano invece un canto diverso. Si parlava di DIE-CAST e le foto svelavano sempre più quello che per molti sarebbe stato un capolavoro annunciato; restava da capire l’ordine e le date delle uscite e soprattutto quantità e prezzo di ogni singolo modello.

Archiviato la limitatissima, prima uscita BLACK, parliamo un po’ della versione standard.

Va detto subito che la tiratura non è limitata o almeno non lo è come per la variante “RYOMA”, ma restiamo sempre su fascia di prezzo alta, e conseguentemente anche le pretese restano a pari livello. Non me ne volgiate, ma la precedente recensione ha suscitato un po’ di polemiche perché non ho sottolineato abbastanza le palesi qualità del modello, senza considerare però che certi aspetti vanno dati per scontato quando si parla di acquisti così “importanti”.

La confezione, volendo riassumerne in una sola parola, è decisamente appagante. Esternamente è presente una scatola di cartone neutro con stampati gli ideogrammi e il nome del modello. Aprendo questa troviamo avvolta nel cellofan la scatola vera e propria; nero lucido con sovra copertina dove campeggia l’immagine della testa del modello ed il nome. Rimosso anche l’ultimo coperchio troviamo i volantini (istruzioni, pubblicità ecc…) e sotto le linguette di cartoncino il sarcofago di polistirolo. Rimosso l’ultimo coperchio, finalmente accediamo al robot.

La disposizione è classica, ma si fa apprezzare per la cura. Ogni singolo elemento è protetto da una bustina; e quando di “ogni” intendo davvero tutti i pezzi, anche il più minuscolo.

Il robot si presenta, per così dire, nudo, quindi necessità un po’ di attenzione nell’assemblare le varie parti.

Nella confezione non sono presenti molti accessori, il robot originale non ha molto da mostrare, ma quello che c’é è veramente di qualità superiore.

Troviamo quindi: maschera, pettorina e ventrale in metallo, le lame degli avambracci, due Tomahawk, il mantello e la splendida getter machine eagle.

Una volta liberato dalla sua prigione, salta subito alla vista l’impatto estetico. Sebbene sia una rivisitazione in chiave pseudo cyber punk, le linee restano pulite ed eleganti. Merito anche della colorazione tipica, il design è piacevole e soprattutto rispettoso dell’originale. Lontano anni luce sia della versione BLACK, che soprattutto dai Mazinger 1901.

Il robot è costruito bene, notevolmente pesante, ha baricentro basso per l’enorme quantità di metallo presente nelle gambe. Questo, se da un lato garantisce ottima stabilità, crea qualche problema nella manipolazione. Fewture, furbescamente, si deve essere accorta di questo ed altri problemi dovuti alla distribuzione dei pesi e nelle istruzioni ha inserto una serie di indicazioni per il corretto posizionamento e per la corretta manipolazione delle articolazioni.

La colorazione è estremamente curata. Non ci sono sul mercato altri die-cast con dettaglio tale da raggiungere questo prodotto. Ogni singola fessura è sottolineata in nero. Ogni singolo pannello ha il suo contorno. Persino la classica colorazione bianco e rossa, prevede fra i due toni un bordo di colore metallico. Siamo davanti ad un lavoro certosino, che se fatto tramite macchinario, svela un nuovo standard di precisione. Certo, qua e là ci sono delle piccole imprecisioni, ma nel complesso del modello stiamo parlando davvero di inezie. Globalmente seppur uguale come dettaglio, appare più bella rispetto alla monotonia della versione BLACK che alcuni articolari, per natura, tendeva a nascondere.

Sugli avambracci, rimuovendo una sezione apposita, si possono montare le lame tipiche del getter ONE, curiosamente esiste la possibilità di montarle anche dalla parte opposta, oppure in accoppiata su due lati. La gabbia toracica interna, non presenta la colorazione rossa fra le costole, ma è di colore uniforme; il volto è identico a quello già visto per il getter BLACK, magnificamente dipinto ed un po’ evangelion style.

Completato il semplice assemblaggio, va aperto un discorso a parte per le articolazioni e la struttura generale del modello.

Le articolazioni sono davvero numerose e ben disposte, abbiamo diversi punti di snodo per ogni arto; il collo si muove liberamente sui tre assi ed ha ampia escursione. Spalle e ginocchi hanno doppia articolazione, i piedi possono essere orientati su due assi ed hanno la punta articolata, le mani sono asportabili ed articolate (ma nella confezione non vi sono parti sostituibili). Anche qui siamo oltre i massimi livelli dei qualità offerta dai concorrenti.

Anche gli accessori sono tutti ben rifiniti, soprattutto la getter machine. Il problema del materiale eccessivamente gommoso permane su alcuni elementi, ma per fortuna il mantello questa volta è leggero e rigido, così se montato non rischia di sbilanciare troppo e soprattutto sembra più tenace allo sgancio, rispetto alla versione precedente. Insomma qualcosa hanno migliorato.

La getter machine, anch’essa rivisitata, presenta parti in metallo e parti in plastica. La costruzione è interessante in quanto usa alcune parti del robot, come gli avambracci e gli snodi del gomito. Ho potuto apprezzare che con un po’ di sforzo è molto semplice simulare le fasi di aggancio  con le altre due navette. Non vedo l’ora di confermare questa mia teoria.

Dunque si direbbe che siano tutte rose e fiori! Ed i problemi del BLACK?

Nella sostanza restano! La scelta delle plastiche è ancora un punto debole della Fewture. Queste sembrano troppo gommose ed affidare il montaggio degli accessori al solo attrito fra le parti non è una mossa che possa garantire longevità al modello. Altri elementi che invece si incastrato con la struttura principale, non hanno la necessaria rigidità per garantirne la stabilità. Un esempio di questo è la mascherina del volto. Ben fatta sicuramente ma sempre di quella gommaccia dura che tanto fa tremare i polsi. Tremore che riprende nel vedere la sottile articolazione del busto, o nel constatare che per l’assemblaggio di molte parti è stato utilizzato un collante e non le più sicure (ma antiestetiche) viti. Certo il design è avvincente e con i classici buchi avrebbe stonato un po’, ma con l’accortezza usata per alcuni particolari, si poteva ugualmente studiare dei tappi invisibili da collocare strategicamente.

La sensazione è che tutto il progetto del modello parta da una struttura unica in plastica, alla quale medianti incastri ed incollaggi vari vengono applicate le parti in metallo. Questo preoccupa nel caso di manutenzione o riparazione, perché non c’è modo di “smontare” il modello e poi rimontarlo senza nozioni e materiali da modellista esperto. Il collante poi ha tipicamente un invecchiamento variabile e se asportato porta sempre con se parte della vernice (come successo a me nello smontaggio della getter machine).

Certo le luci, a conclusione, sono molte di più che le ombre. E’ sicuro che a seguito dell’investimento economico necessario ed all’età media dei possibili acquirenti, questo getter venga posto e dimenticato in una vetrina a tempo indeterminato, ma resta il dubbio su una scelta di assemblaggio che con i die-cast ha poco a che vedere.

Resta la certezza della bontà complessiva e della indubbia bellezza estetica, resta anche la certezza che Fewture con questi prodotti sia riuscita a crearsi un mercato là dove spazio per la concorrenza non c’era. Sapeva che cercare di contrastare un prodotto come i soul di Bandai non sarebbe stato alla sua portata, sapeva che MaxFactory ha capacità tecniche e produttive difficili da contrastare e quindi per evitare di partire già svantaggiata ha prodotto i “suoi robot” che non assomigliano a nulla di quello già prodotto e visto fino ad ora. Un po’ action figure, un po’ die-cast queste rivisitazioni non si scontrano con i prodotti di nessun predecessore, ma gli affiancano, rendendo inutile qualsiasi paragone con altri produttori perché diversi per prezzo, quantità e qualità, il resto l’ha fatto l’ottimo designer e la capacità di realizzare quello presentato sulla carta. Migliorassero le plastiche sarebbero perfetti!

Già pregusto il sapore dei nuovi progetti, che per ora abbiamo visto solo schizzati!

LA PAGELLA
: ★★★★☆
: ★★★½☆
: ★★★☆☆
: ★★★½☆
: ★★★★★
Media: ★★★★☆
PRO
  • colorazione riuscita
  • design di impatto
  • tanto metallo
  • buona posabilità
CONTRO
  • le parti incollate proprio non convincono
  • alcuni esemplare presentano problemi alle articolazioni più piccole
  • la corazza tende a scappar via